Silenzio in sala.
L’annunciatore si alza,
l’occhio di bue lo illumina, figura colorata e sgargiante contro il pesante
sipario di velluto. Un attimo di esitazione simulata, corre con lo sguardo
sulla platea, come a voler controllare che non manchi nessuno.
Prende in mano il microfono,
si schiarisce teatralmente la voce.
“Signore e signori, che
ci crediate o no, a volte ritornano…”
Attimo di suspense. Chi
ritorna? Da dove? E perché? Cos'era accaduto in precedenza, perché quei
Ritornanti fossero costretti a ritornare in un secondo momento? E come
ritorneranno?
Nota a margine – o così
sarebbe se avessi voglia di impaginare questo documento come si deve… ma no,
oggi fa troppo caldo –: nelle tre righe del paragrafo precedente abbiamo
utilizzato appieno quelle che in inglese vengono definite le “WH questions”, il
vademecum di ogni giornalista, di ogni inchiesta; nonché di ogni studente delle
scuole superiori che abbia dovuto misurarsi con lo studio di tale lingua.
Volete saperne di più sull’inglese e le sue strade? Aprite questa porta.
Torniamo ai Ritornanti.
Essi ritornano.
Facciamo un gioco:
lasciate nella zona dei commenti, qui o su Facebook, tutti i pensieri che vi
ispira la frase “A volte ritornano”. Dato che, ne sono certa, non c’è persona
italiana o quasi che dal 1981 non abbia usato almeno una volta in vita propria
questa espressione.
1981, voi chiedete?
Tutto a suo tempo.
Da dove si ritorna? Da
venti strade diverse, costruite in anni difficili, in anni facili, in anni in
cui si crede in un progetto e anni in cui si è tentati di gettare la spugna.
Momenti nei quali, per mettere il pane in tavola – giusto per utilizzare un
altro modo di dire oramai desueto nella dialettica, ma quanto mai attuale nella
pratica –, si vendono i propri racconti a riviste erotiche per maschietti.
“E pensare che ci avevo quasi creduto, di essere uno scrittore come si deve.”
Venti storie che
attraversano la vita di una persona; di cento; di mille. Di ognuno di noi, che
possiamo benissimo riconoscerci in questa o quella pagina. Anche se ogni
immagine è una metafora di qualcosa, non un resoconto verosimile. Andiamo, non
credo che nessuno qui abbia mai avuto un giardiniere che lavora nudo, felice
possessore di una singolare dentatura pelosa (sì, sì, avete capito bene). Forse
avete avuto la sventura di attraversare un Lovecraftiano paese fantasma, con
una chiesa sconsacrata in cui dorme una creatura indescrivibile, o un bel campo
di filari di mais? Ah, quanto ci fanno pensare all’estate! Sì, ma guardatevi
dal passeggiarci in mezzo per fare la conoscenza di Nostro Signore Colui che
cammina dietro i filari.
E chi non può annoverare
almeno un corteggiatore indesiderato? Quel ragazzo del liceo, dell’università,
il collega inopportuno, che non dice mai la cosa giusta, non ne azzecca una e
mette tutti in imbarazzo non appena entra nella stanza. Triste amante mai
corrisposto.
Se una sera di primavera
avessimo voglia di fare due passi e calasse la nebbia? Io presterei molta
attenzione, fossi in voi.
Ecco, coloro che tornano
– come i bulletti della scuola, che nel lontano 1965 avevano commesso un
crimine imperdonabile… signori miei, riflettete bene prima di dire che la
violenza giovanile perpetrata oggi non ha precedenti: leggete e fatelo con
attenzione, i vostri orizzonti ne usciranno molto ampliati – … coloro
che tornano, dicevo, attraversano tutte queste strade. Secondo il loro
creatore, Stephen King, il padre dell’antologia “A volte ritornano” – titolo
della prima edizione italiana, uscita nel 1981 –, i Ritornanti viaggiano
nella paura. Ed egli ci invita a prendere la sua mano, come un moderno Virgilio
– non me ne abbia Dante per il paragone –, e a seguirlo in questo viaggio
da incubo. Un incubo vero e proprio, magari di una guardia giurata o un
portinaio annoiato, che si è addormentato durante il turno di notte. Ebbene sì,
considerando che il titolo originale della raccolta è proprio questo, “Night
Shift”, turno di notte.
Delusi? Milioni di
battute ironiche e sagaci made in Italy, rovinate da una traduzione
troppo fantasiosa di un titolo!
Suvvia, non restiamo
così amareggiati. Una traduzione è un atto di magia. Un viaggio a sua volta.
Andare nell’aldilà linguistico di un’altra nazione e ritornare nell’aldiquà con
una storia da raccontare. O, come nel caso di un’antologia di racconti, con
numerosi brevi aneddoti: immagini, fotografie da appendere in bacheca o dentro
una cornice. In memoria del bel viaggio compiuto.
Ed eccoci qui. A volte
ritornano.
Nuovo anno, nuovo numero
alla fine del 201…
2015
Pagina nuova. Sono
tornata. Come sempre, per servirvi.
Per i nuovi avventori,
se avrete avuto la pazienza di arrivare in fondo a questo testo, vi dico:
benvenuti! Chiedete di me qui in giro. Mettetevi comodi. Curiosate. Spero che
troverete gradevole il mio angolo di amenità, cultura, linguistica, musica e storie.
Per voi che con fiducia
avete atteso il mio rientro: salve a voi! Ben rivisti! Di nuovo in pista.
Ma adesso: silenzio. Il
presentatore ci guarda male, stiamo facendo confusione con le nostre
chiacchiere. Taccio.
Si schiarisce la voce,
prende un bel respiro.
“Signore e signori, a
volte ritornano. Per insegnarvi, dilettarvi, intrattenervi…
Il sipario si alza.
Che dire? Mi spiazzi sempre, a volte mi confondi, altre mi sorprendi ma mai mi deludi.
RispondiEliminaLeggerti è sempre una sferzata d'aria nuova, entrare nel tuo mondo in punta di piedi cercando di non urtare fragili equilibri, leggibili per chi ha imparato a conoscerti col tempo. Il mio è il tempo di Eumom... felice di sapere che ti lusinga il mio sostegno... orgogliosa di essere sempre la prima ad assistere all'apertura delle danze... lettere e parole che danzano su un foglio bianco.
Vai così, fiera di essere tu e solo tu, Ludovica, per me la più grande scrittrice di tutti i tempi.
La tua Eumom
Cara Ludo... Ben tornata... Una blog sfera senza di te è di fatto più povera. Sapevo che saresti tornata, ci speravo, Era giusto sperarci. È giusto che tu sia tornata... Traduzioni fantasiose al seguito... Chi se ne importa, tu con le parole tanto riesci a rendere tutto unico. Perché sei unica. Ed anche questo e' un fatto. Orgogliosa di essere la tua sorellina, anche se adottata...😘😘😘
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