lunedì 20 gennaio 2014

Risate per una settimana. L'italiano che fa la differenza...

Buongiorno!
Lunedì, giorno nuovo, settimana nuova di zecca, migliaia di possibilità là fuori nel mondo, pronte per essere colte.
Un invito a iniziare il tutto con una sana risata: scrollando la mia bacheca di Facebook - il che non significa che ho preso il computer e ho iniziato a scuoterlo forte, col browser internet aperto su Fb, ma ho usato lo scroll del mouse per lo scorrimento veloce... forestierismi, meraviglie della globalizzazione! - Mi sono imbattuta per caso in questo elenco di errori, fraintendimenti e orrori commessi a danno della lingua italiana... un tripudio di castronerie!!
Considerando che ho il raffreddore e mi è difficile respirare correttamente, nel leggere quanto segue - liberamente tratto dal succitato social network - stavo per morire soffocata dalle risate.
Spero che vi divertirete anche voi.
Perché... l'italiano? Se non lo sai, sallo!

- Quando muoio mi faccio cromare. (Eccellente!)
- Di fronte a queste cose rimango putrefatto! (Che schifo!)
- Arriva il treno, hai blaterato il biglietto? (...)
- Come faccio a fare tutte queste cose simultaneamente? Dovrei avere il dono dell'obliquità! (la torre di Pisa?)
- Basta! Vi state coagulando contro di me! (trasfusione?)
- È nel mio carattere: quando qualcosa non va, io sodomizzo! (Stategli lontano!)
- Anche l'occhio va dalla sua parte... (Si chiama strabismo...)
- Non so a che santo riavvolgermi. (Una video cassetta devota...)
- Avete i nuovi telefonini GPL? (No mi spiace solo benzina!)
- Il cadavere presentava evidenti segni di decesso. (Ma va?! Strano)
- Prima di operarmi mi fanno un' autopsia generale. (Auguri!)
- Abbiamo mangiato la trota salmonellata. (Ancora auguri!)
- Vorrei un'aspirina in supposte effervescenti. (Quando si dice faccia da culo....)
- Vorrei una maglia con il collo a volpino. (Non era lupetto?...)
- Vorrei una pomata per l 'Irpef. (Herpes è difficile...)
- Tu non sei proprio uno sterco di santo. (Menomale.)
- È andato a lavorare negli evirati arabi. (Contento lui...)
- A forza di andare di corpo mi sono quasi disintegrata. (O disidratata? Alla faccia della diarrea!)
- Mia nonna ha il morbo di Pakistan. (...)
- La mia auto ha la marmitta paralitica. (...e al posto dei cavalli ha le sedie a rotelle?)
- Verrà in ufficio una stragista per il tirocinio. (Si salvi chi può!)
- Sono momentaneamente in stand-bike. (L'attesa in bicicletta...)
- Da vicino vedo bene, è da lontano che sono lesbica.(Aiuto...)
- Mi sono fatta il Leasing al viso. (...pensavo un mutuo...)
- È inutile piangere sul latte macchiato. (Meglio farlo su un bel cappuccino....)


sabato 18 gennaio 2014

Scatole cinesi e portinaie parigine: i buoni motivi per studiare il francese

Perché studiare il francese.
Se doveste chiederlo a mio padre, vi risponderebbe: “Per andare a Eurodisneyland Paris.”
Ma poi, ripensandoci, aggiungerebbe che sarebbe molto più comodo farsi accompagnare da qualcuno che il francese lo sappia già.
Mio padre non è un poliglotta.
Anzi, mio padre non ama affatto studiare le lingue straniere.
Se lo chiedeste a me... quante ragioni avrei da annoverare!
Prima fra tutte: io amo leggere.
Mi spiego: amo moltissimo la letteratura francese e trovo che leggerla in traduzione sia farle un torto. Vi prego, non fraintendetemi. So che cotanta affermazione può risultare  snob, ma non è questo l’intento. Io sono una grande fautrice delle traduzioni: esse consentono a chi non può imparare una lingua straniera - per qualsivoglia motivo - di assaporare il piacere di milioni e milioni di pagine nuove, fare la conoscenza di luoghi, personaggi e realtà inimmaginabili. Ergo: viva le traduzioni!
Dico solo che, per mio gusto personale e forte della mia esperienza di traduttrice freelance, sfumature e giochi linguistici a volte vanno perduti nel trasferimento da un idioma all’altro. E dato che i labirinti fonetici, le scatole cinesi lessicali, i ricami ironici tipici della letteratura francofona d’ogni dove e d’ogni tempo sono tra i miei preferiti in assoluto, proprio non posso lasciarmeli scappare, a vantaggio di una seppur ottima traduzione in italiano. Nossignore!
Mi diverte troppo sedere a teatro - un bellissimo, sconfinato teatro immaginario - per ammirare le colorite caratterizzazioni delle commedie di Molière. E quante risate, fra le pagine di Voltaire, colme di uno spirito assai pungente, che traghettano il lettore dalla settecentesca epoca dei lumi all’Ottocento, al movimento romantico; per poi, magari, approdare nelle oscure e spaventose lande di Guy de Maupassant, un viaggio nell’incubo e nell’assurdo, attenti a non smarrirvi.
Tutta questa strada può stancare, perciò di tanto in tanto faccio una pausa a Parigi, al numero 7 di Rue de Grenelle, dove la consierge Renée - che di sé dice je suis veuve, petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des consierges qu’il ne viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches suffisants[1] - può offrirmi un buon tè, un film d’autore e la sua immancabile Élégance du hérisson, L’eleganza del riccio.
Badate, del francese amo anche la Francia! Le cattedrali gotiche, slanciate verso l’alto e l’infinito, alla ricerca di Dio. I panorami, la storia... il ciclistico Tour de France... eh sì, anche lo sport mi appassiona e poi mens sana in corpore sano.
Sapete, in fondo ognuno di noi deve trovare una propria buona ragione per apprendere una nuova lingua.
Quel che è certo, il francese è un idioma magnifico, uno dei più antichi e diffusi del ceppo neolatino. Linguaggio di grandi pensatori e rivoluzionari, di uomini geniali, che hanno accompagnato l’umanità occidentale verso l’era moderna. Ed io ve lo insegnerò con piacere.
... In ogni caso... fossi in voi... un giro a Eurodisneyland Paris lo farei, una volta o l’altra!










[1] Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l'alito di un mammut. Ma soprattutto, sono così somigliante all’immagine della tipica portinaia, che a nessuno verrebbe in mente che sono più colta io di tutti quei ricchi presuntosi lassù.

domenica 12 gennaio 2014

Domenica mattina di cantate goliardiche. Orff e i Carmina Burana.

Bigliettaio: “Il prossimo, prego.”
Io, sorridente: “Buongiorno, desidero un biglietto per la matinée di domenica 12 gennaio, Carmina Burana di Carl Orff.”
Bigliettaio, con sguardo di rimprovero, misto a occhio da pesce pescato decongelato: “Ma quale? Il concerto per i bambini?”
Io: “Mi scusi, la rappresentazione non è in versione integrale? Orchestra e direttore non sono forse gli stessi del sabato sera?”
Bigliettaio, tronfio: “Certamente.”
Io: “E da quando in qua i Carmina Burana sono canzoni per bambini? Non ho mai sentito il Coro dell’Antoniano intonare O Fortuna. Un biglietto per favore.”

Questo accadeva settimane fa. Non voglio stare qui a speculare sul perché il signor addetto alle vendite mi abbia concesso il suddetto biglietto quasi con fastidio; forse perché era in corso la Settimana di Rassegna del Cinema d’Autore e un semplice ingresso di matinée gli sarà sembrato poca cosa, in confronto al romano red carpet. Interessi suoi.
Dal canto mio, mi sono goduta una splendida mattinata in musica, in compagnia di adulti e bambini - che ahimè, devo dire, erano ben pochi -, ad ascoltare dal vivo una delle mie opere preferite. Diretta ed eseguita magistralmente, per giunta, dal Maestro Cornelius Meister - solo trentatré anni, i miei complimenti - e dall’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.
Per chi non li avesse mai ascoltati, i CarminaBurana non sono un’opera facile e di certo non sono particolarmente adatti a bambini piccoli, per musica e contenuto. Ai primi ascolti sono un bel mattone da digerire!
Ma poi, rimettendo il disco da capo, si sviluppano sonorità nuove, il botta e risposta fra baritono e parte maschile del coro diventa esaltante, gli acuti cristallini e delicatissimi del soprano si trasformano in fluttuanti fiocchi di neve; e i due canti corali finali si accendono in un’esplosione di fuochi artificiali, prima bianchi e oro, per poi virare nel cupo rosso e viola della seconda e ultima ripresa del O Fortuna.
Ma per quanto l’incisione più impeccabile del mondo possa emozionare, niente riesce ad eguagliare un concerto dal vivo... a patto che sia magistrale.
Attenti signori miei, le esecuzioni registrate - almeno quelle dei grandi marchi come Deutsche Grammophon, Decca, Emi Records e simili - sono veri e propri pezzi di storia su vinile, cd o mp3. Scegliete sempre con cura ciò che andrete ad ascoltare, o rischierete di restare delusi.
Nei concerti a teatro, anche l’occhio è coinvolto e l’esperienza vissuta diventa davvero a trecentosessanta gradi. Se poi siete degli habitué, come la sottoscritta, e non vi prendete troppo sul serio, ma andate lì per divertirvi, imparerete a cercare sempre i particolari che più vi piacciono, che suscitano emozione, gioia... e anche una sana - silenziosa, suvvia, siamo in sala! - risata.
Ma lo sapete che un violista - suonatore di viola, per i neofiti della musica classica - dell’orchestra di Santa Cecilia è identico ad Antonin Dvorak??
Cosa aggiungere sui Carmina Burana?
Non troppo. Non sono una grande esperta di musica. Sono un’appassionata e una musicista dilettante. Inoltre non voglio annoiarvi con lunghe dissertazioni teoriche.
Certo, è particolare il contrasto tra la musica sofisticata, che Orff ha composto, e i testi goliardici del XII secolo scritti dai clerici vagantes, raccolti nel Codex Buranus.
A volte, come ho detto proprio poche righe fa, la musica può essere anche sinonimo di divertimento e risate - composte, per favore.
Non ci credete? Ebbene, ascoltate questa versione del brano Primo Vere-Ecce Gratum, condotta dal Maestro James Levine ed eseguita dalla Chicago Symphony Orchestra - per inciso, vi consiglio l’opera integrale, è eccezionale. Ora, andate al secondo 0:48 e ditemi voi se, invece delle parole iam liquescit et decrescit, non vi sembra di sentire... grandi fessi e depressi???




Buoni propositi e begli inviti, i miei, per tutti voi.
Ma io sono fortunata. Vivere a Roma, oltre a smog e traffico folle, significa avere queste meraviglie proprio sotto casa. E anche a prezzi molto accessibili. Ci credereste che stamattina ho speso meno di quanto avrei sborsato per un biglietto del cinema?
Di una cosa però sono certa. Sono originaria di un paese piccolo, sito in una terra meravigliosa, sul mare, al confine tra Marche e Abruzzo.
Un luogo stracolmo di tesori e meraviglie, naturali, paesaggistiche, architettoniche, archeologiche, artistiche. Una terra da sogno. Solo che nessuno lo sa, perché non v’è pubblicità che lo strombazzi ai quattro venti.
In conclusione vi dico: siate curiosi, siate vigili e attivi. Se sarete voi ad andare a caccia di occasioni, non potete immaginare quante ne troverete sul vostro cammino.
Quindi forza! Che aspettate?
E ai lettori romani, che ancora non l’abbiano fatto: un salto all’Auditorium Parco della Musica, progettato dall’illustre architetto Renzo Piano, val bene la pena, un giorno o l’altro. Coraggio!
Salute a voi! Buon ascolto e buona ricerca!


 .





Un Post Scriptum dal mio fido assistente beagle, il cui nome risuona come Einstein.
Ho tentato di far ascoltare anche a lui i goliardici Carmina Burana, per introdurlo alle meraviglie sconfinate della musica classica.
Il suo commento, in video-post:


giovedì 9 gennaio 2014

Informatica: dalla macchina da scrivere, passando per l'asilo, al personal computer... per approdare sull'astronave Discovery!

Nel breve periodo in cui io, vispa bimba curiosa, frequentai l’asilo, si consumò una piccola tragedia.
Un giorno, una maestra decise di conservare sul ripiano più alto dello scaffale dei giochi - al sicuro da innocenti ma maldestre mani infantili - una macchina da scrivere.
Per chi non lo sapesse, sono nata nell’epoca in cui si cominciava appena a parlare di personal computer; tutt’al più in casa si poteva avere un Commodore 64. Perciò le macchine da scrivere meccaniche la facevano ancora da padrone nel panorama della dattilografia.
Posizionarne una sullo scaffale dei giochi, sarebbe un po’ l’equivalente odierno del riporre il notebook in cima alla libreria della cameretta dei bambini: irraggiungibile. Forse al tempo era perfino una soluzione più intelligente: per quale motivo dei vivaci pargoli poco più che in fasce avrebbero dovuto interessarsi ad una macchina da scrivere?
Ma le povere, ignare maestre non avevano ancora fatto i conti con la sottoscritta. A quattro anni sapevo già leggere e scrivere alcune parole in stampatello e nell’avita dimora dei nonni materni, sotto la supervisione di un adulto, mi era permesso di giocare con la Olivetti portatile di mia madre. Immaginate la mia gioia nel trovare sul ludico scaffale dell’asilo il mio giocattolo preferito! Perciò mi piazzavo lì sotto, con gli occhioni da cagnolino desideroso, e chiedevo incessantemente che qualcuno mi prendesse la macchina da scrivere... ma aggiungevo sempre “per favore”, perché ero una bambina beneducata.
Da allora, la tecnologia ha fatto enormi passi avanti. Siamo passati dalle macchine per scrivere ai primi personal computer, che racchiudevano tutta la magia dell’informatica in una modesta scatola di metallo, invece che in sterminate stanze piene di armadi surriscaldati, che custodivano enormi e pesantissime bobine magnetiche.
Ricordo ancora la battuta di mio padre, quando acquistammo il nostro primo 286 della IBM: “40 megabyte di disco rigido... ma che ci si fa con tutto questo spazio?”
Oggi grazie alla Nokia e al suo telefonino con fotocamera da 41 Megapixel... giusto una fotografia ci si fa! Ma quel magnifico giorno di ventun anni fa sembrava di entrare sull’astronave Discovery di 2001 Odissea nello spazio.
E l’uomo non si è fermato lì. Ha reso i computer più veloci, più piccoli, più leggeri. Ha inventato internet, la telefonia mobile, la rete mobile. Ha reso tutto talmente mobile che ora posso scrivervi da un treno in movimento, grazie al mio smartphone, con una tastiera bluetooth grande quanto il giornaletto della guida tv che i miei genitori acquistano da anni, tutte le settimane.
Se volessi, potrei continuare per pagine e pagine a menzionare le meraviglie della tecnologia moderna. Ma la mia corsa è quasi finita. La Stazione Termini si avvicina, Roma è là fuori e una lezione mi attende.
Però oggi vi dico questo: di strada ne ho fatta tanta... grazie a Trenitalia, alle compagnie autobus e agli aerei!! Ma in fondo, sono ancora quella bambina curiosa e amante delle magie tecniche, che aspetta che qualcuno le porti una macchina da scrivere.
La mia domanda per voi: vi va di giocare insieme? Potrei spiegarvi come tirare fuori il meglio, secondo le vostre esigenze, da un computer, da un mac, dall’ipod di vostro figlio - o il vostro personale -, dallo smartphone o da un tablet. Consigliarvi il miglior acquisto in base a ciò di cui avete davvero bisogno, per informatica, dispositivi elettronici, e-book reader. Potrei dirvi come comprare un libro digitale e renderlo compatibile per ogni dispositivo esistente - eh, eh, non ve la rendono mica facile, sapete? -.
Oppure, se siete dei nostalgici o non particolarmente amanti dell’elettronica, vi insegnerò a cambiare il nastro d’inchiostro della macchina da scrivere, a dattiloscrivere contemporaneamente più copie di un documento, grazie alla carta carbone. Vi spiegherò come riempire d’inchiostro il serbatoio di una penna stilografica ed evitare che il pennino schizzi da ogni parte.
A voi la scelta, io sono qui. E aspetto di giocare!



Oui, c'est moi!
Ventuno anni fa, con il primo, indimenticabile personal computer, 286 IBM...
l'astronave Discovery!



giovedì 2 gennaio 2014

Buon Anno! Scrittura Creativa, Biglietti d'Auguri e... Liste della Spesa!

Eccoci qui, due gennaio duemilaquattordici.
Anno nuovo, vita nuova. Perlomeno, così si dice in giro. Ma chissà se poi è vero?
L’importante, comunque sia, è prendere ben bene fiato e gridare a pieni polmoni

buon anno!!!

Sì, lo so, sono in ritardo di due giorni; quasi tre, considerata l’ora. Chiedo perdono a tutti gli avventori di questo blog ma tra festeggiamenti e convivi luculliani, la vena parolifera si era momentaneamente ingolfata.
Dunque eccoci qui, a riprendere il filo multicolore di dieci discorsi in contemporanea, fra un ipertesto e l’altro, una pinnata – che non è un colpo di pinne da sub, né da piscina… le stesse che fanno capolino dal mio borsone, che casualmente ho davanti agli occhi - , un aggiornamento di stato su Facebook e una foto su Instagram. Quasi bizzarro ricominciare la vita di tutti i giorni, facendo lo slalom fra buffe immagini, vivaci fotografie e roboanti paroloni, che campeggiano in bella vista sullo schermo del pc; basta aprire un social network ed eccoli lì, striscioni che augurano “Buon Anno!” in tutte le salse e le lingue disponibili.
Ed è proprio pensando alle feste e agli auguri, che mi è tornato in mente un episodio che mio padre mi ha raccontato innumerevoli volte. L’immagine di mio nonno, chino sulla scrivania, la fronte imperlata di sudore, l’espressione corrucciata per la concentrazione e lo sforzo. Sul ripiano di legno, un biglietto di buoni auspici e celebrazioni, ancora immacolato. Si narra che il mio paterno avo fosse in grado di restare così, sullo scrittoio per ore… per poi produrre un più che anonimo fraseggio: “Vivissimi auguri” .
Ma come?, chiedo io ogni volta, Tutto qui?!?
Mio nonno, leggendaria figura familiare, storico indomito – da qualcuno dovevo pure averlo preso il vizio dell’archeologia – , sopraffino poeta ancor oggi declamato e ammirato nel mio paese natìo… come poterlo immaginare a spremersi le meningi per mezza giornata, per scrivere solo… vivissimi auguri?!? Ma come si fa?
Ebbene sì, cari i miei lettori. Perché, sapete, la scrittura non è mai cosa da poco.
Chi ha cliccato sul titolo di questo post, forse lo ha fatto per pura curiosità. Forse per sfida intellettuale. Scrittura creativa?, si sarà chiesto. Cosa me ne faccio di un corso di scrittura creativa?
Sono ben felice di rispondervi: tutto! Assolutamente, incredibilmente tutto!
Voi che leggete, se siete aspiranti scrittori, siete oltremodo benvenuti e sarò lieta di aiutarvi a trovare la vostra voce, nonché a darvi consigli su come muovervi nella Giungla Editoriale Italiana, un habitat pericolosissimo, affollato di piante carnivore e liane viventi, pronte a legarvi come insaccati. Perché l’arte è una cosa meravigliosa, ma chi di arte vuole campare, deve farsi anche furbo, credete a me.
Voialtri, che scrittori non volete diventare… accomodatevi! Prego, sedete su questa poltrona rossa qui, è la più comoda di tutte. Volete un tè? Un caffè? Ascoltate.
La scrittura è telepatia. La scrittura è magia. Conservare un pensiero per ore, mesi, giorni, anni. Farlo viaggiare lungo il tempo e lo spazio, trasformarlo, renderlo noto anche a chi non parla la nostra stessa lingua – un saluto ai poliglotti colleghi traduttori!
La scrittura è comunicazione. La scrittura è sognare insieme.
Ma non crediate che della parola Scrittura siano degni solo i volumi comprati in libreria o accuratamente custoditi in biblioteca.
In un mondo in cui è possibile unire una città notturna con una in pieno sole, un inverno italiano con un’estate australiana, solo grazie a un clic, a un sms, a uno scampanio di Whatsapp… Scrittura è anche vita. Scrittura diventa unione. Scrittura è abbattere le barriere, annullare le distanze, cancellare l’incomprensione.
Dopo decenni di immagini vive, la Scrittura è tornata ad essere uno degli strumenti di comunicazione preferiti in assoluto.
E quindi io vi chiedo: perché non affinarlo insieme?
Perché non scoprire le mille e mille potenzialità di una delle più antiche arti astratte che l’uomo abbia mai ideato? Che sia per scrivere un pensiero ad un amico, il romanzo rivoluzionario che ancora tenete nel cassetto, un biglietto d’auguri, una pièce teatrale che cambierà la storia, una dichiarazione d’amore, uno stato di Facebook sentito e vissuto o perfino la lista della spesa.
E se non credete nel valore di testi semplici come la lista della spesa o l’elenco degli ingredienti di un prodotto alimentare, sarà lui a farvi cambiare idea!

A voi, per essere ascoltato, il grande Vittorio Gassman



Cappello introduttivo. Svolgimento. Opinioni. Conclusione. Eccoci qui, al termine del mio personalissimo, telematico, informatico, tecnologico, multisfaccettato biglietto d’auguri per il nuovo anno.
Se vorrete farmi compagnia in un viaggio attraverso la Scrittura Creativa, sarò qui ad attendervi. Quandunque lo vogliate. E ovunque.





Ah, quasi dimenticavo:

vivissimi auguri!!!