Lunedì, giorno nuovo, settimana nuova di zecca, migliaia di possibilità là fuori nel mondo, pronte per essere colte.
Un invito a iniziare il tutto con una sana risata: scrollando la mia bacheca di Facebook - il che non significa che ho preso il computer e ho iniziato a scuoterlo forte, col browser internet aperto su Fb, ma ho usato lo scroll del mouse per lo scorrimento veloce... forestierismi, meraviglie della globalizzazione! - Mi sono imbattuta per caso in questo elenco di errori, fraintendimenti e orrori commessi a danno della lingua italiana... un tripudio di castronerie!!
Considerando che ho il raffreddore e mi è difficile respirare correttamente, nel leggere quanto segue - liberamente tratto dal succitato social network - stavo per morire soffocata dalle risate.
Spero che vi divertirete anche voi.
Perché... l'italiano? Se non lo sai, sallo!
- Quando muoio mi faccio cromare. (Eccellente!)
- Di fronte a queste cose rimango putrefatto! (Che schifo!)
- Arriva il treno, hai blaterato il biglietto? (...)
- Come faccio a fare tutte queste cose simultaneamente? Dovrei avere il dono dell'obliquità! (la torre di Pisa?)
- Basta! Vi state coagulando contro di me! (trasfusione?)
- È nel mio carattere: quando qualcosa non va, io sodomizzo! (Stategli lontano!)
- Anche l'occhio va dalla sua parte... (Si chiama strabismo...)
- Non so a che santo riavvolgermi. (Una video cassetta devota...)
- Avete i nuovi telefonini GPL? (No mi spiace solo benzina!)
- Il cadavere presentava evidenti segni di decesso. (Ma va?! Strano)
- Prima di operarmi mi fanno un' autopsia generale. (Auguri!)
- Abbiamo mangiato la trota salmonellata. (Ancora auguri!)
- Vorrei un'aspirina in supposte effervescenti. (Quando si dice faccia da culo....)
- Vorrei una maglia con il collo a volpino. (Non era lupetto?...)
- Vorrei una pomata per l 'Irpef. (Herpes è difficile...)
- Tu non sei proprio uno sterco di santo. (Menomale.)
- È andato a lavorare negli evirati arabi. (Contento lui...)
- A forza di andare di corpo mi sono quasi disintegrata. (O disidratata? Alla faccia della diarrea!)
- Mia nonna ha il morbo di Pakistan. (...)
- La mia auto ha la marmitta paralitica. (...e al posto dei cavalli ha le sedie a rotelle?)
- Verrà in ufficio una stragista per il tirocinio. (Si salvi chi può!)
- Sono momentaneamente in stand-bike. (L'attesa in bicicletta...)
- Da vicino vedo bene, è da lontano che sono lesbica.(Aiuto...)
- Mi sono fatta il Leasing al viso. (...pensavo un mutuo...)
- È inutile piangere sul latte macchiato. (Meglio farlo su un bel cappuccino....)
Se
doveste chiederlo a mio padre, vi risponderebbe: “Per andare a Eurodisneyland
Paris.”
Ma
poi, ripensandoci, aggiungerebbe che sarebbe molto più comodo farsi
accompagnare da qualcuno che il francese lo sappia già.
Mio
padre non è un poliglotta.
Anzi,
mio padre non ama affatto studiare le lingue straniere.
Se
lo chiedeste a me... quante ragioni avrei da annoverare!
Prima
fra tutte: io amo leggere.
Mi
spiego: amo moltissimo la letteratura francese e trovo che leggerla in traduzione
sia farle un torto. Vi prego, non fraintendetemi. So che cotanta affermazione
può risultare snob, ma non è questo l’intento.
Io sono una grande fautrice delle traduzioni: esse consentono a chi non può
imparare una lingua straniera - per qualsivoglia motivo - di assaporare il
piacere di milioni e milioni di pagine nuove, fare la conoscenza di luoghi,
personaggi e realtà inimmaginabili. Ergo: viva le traduzioni!
Dico
solo che, per mio gusto personale e forte della mia esperienza di traduttrice
freelance, sfumature e giochi linguistici a volte vanno perduti nel trasferimento
da un idioma all’altro. E dato che i labirinti fonetici, le scatole cinesi
lessicali, i ricami ironici tipici della letteratura francofona d’ogni dove e d’ogni
tempo sono tra i miei preferiti in assoluto, proprio non posso lasciarmeli
scappare, a vantaggio di una seppur ottima traduzione in italiano. Nossignore!
Mi
diverte troppo sedere a teatro - un bellissimo, sconfinato teatro immaginario -
per ammirare le colorite caratterizzazioni delle commedie di Molière. E quante
risate, fra le pagine di Voltaire, colme di uno spirito assai pungente, che
traghettano il lettore dalla settecentesca epoca dei lumi all’Ottocento, al
movimento romantico; per poi, magari, approdare nelle oscure e spaventose lande
di Guy de Maupassant, un viaggio nell’incubo e nell’assurdo, attenti a non
smarrirvi.
Tutta
questa strada può stancare, perciò di tanto in tanto faccio una pausa a Parigi,
al numero 7 di Rue de Grenelle, dove la consierge
Renée - che di sé dice je suis veuve,
petite, laide, grassouillette, j’ai des oignons aux pieds et, à en croire
certains matins auto-incommodants, une haleine de mammouth. Mais
surtout, je suis si conforme à l’image que l’on se fait des consierges qu’il ne
viendrait à l’idée de personne que je suis plus lettrée que tous ces riches
suffisants[1] - può offrirmi un buon tè, un film d’autore e la sua
immancabile Élégance du hérisson, L’eleganza del riccio.
Badate,
del francese amo anche la Francia! Le cattedrali gotiche, slanciate verso l’alto
e l’infinito, alla ricerca di Dio. I panorami, la storia... il ciclistico Tour de France... eh sì, anche lo sport
mi appassiona e poi mens sana in corpore
sano.
Sapete,
in fondo ognuno di noi deve trovare una propria buona ragione per apprendere
una nuova lingua.
Quel
che è certo, il francese è un idioma magnifico, uno dei più antichi e diffusi
del ceppo neolatino. Linguaggio di grandi pensatori e rivoluzionari, di uomini
geniali, che hanno accompagnato l’umanità occidentale verso l’era moderna. Ed
io ve lo insegnerò con piacere.
...
In ogni caso... fossi in voi... un giro a Eurodisneyland Paris lo farei, una
volta o l’altra!
[1]Sono vedova,
bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine
autolesionistiche, l'alito di un mammut. Ma soprattutto, sono così somigliante all’immagine
della tipica portinaia, che a nessuno verrebbe in mente che sono più colta io di
tutti quei ricchi presuntosi lassù.
Io, sorridente: “Buongiorno, desidero un biglietto per la matinée di domenica 12 gennaio, Carmina Burana di Carl Orff.”
Bigliettaio, con sguardo di rimprovero, misto a occhio da pesce pescato decongelato: “Ma quale? Il concerto per i bambini?”
Io: “Mi scusi, la rappresentazione non è in versione integrale? Orchestra e direttore non sono forse gli stessi del sabato sera?”
Bigliettaio, tronfio: “Certamente.”
Io: “E da quando in qua i Carmina Burana sono canzoni per bambini? Non ho mai sentito il Coro dell’Antoniano intonare O Fortuna. Un biglietto per favore.”
Questo accadeva settimane fa. Non voglio stare qui a speculare sul perché il signor addetto alle vendite mi abbia concesso il suddetto biglietto quasi con fastidio; forse perché era in corso la Settimana di Rassegna del Cinema d’Autore e un semplice ingresso di matinée gli sarà sembrato poca cosa, in confronto al romano red carpet. Interessi suoi.
Dal canto mio, mi sono goduta una splendida mattinata in musica, in compagnia di adulti e bambini - che ahimè, devo dire, erano ben pochi -, ad ascoltare dal vivo una delle mie opere preferite. Diretta ed eseguita magistralmente, per giunta, dal Maestro Cornelius Meister - solo trentatré anni, i miei complimenti - e dall’orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia.
Per chi non li avesse mai ascoltati, i CarminaBurana non sono un’opera facile e di certo non sono particolarmente adatti a bambini piccoli, per musica e contenuto. Ai primi ascolti sono un bel mattone da digerire!
Ma poi, rimettendo il disco da capo, si sviluppano sonorità nuove, il botta e risposta fra baritono e parte maschile del coro diventa esaltante, gli acuti cristallini e delicatissimi del soprano si trasformano in fluttuanti fiocchi di neve; e i due canti corali finali si accendono in un’esplosione di fuochi artificiali, prima bianchi e oro, per poi virare nel cupo rosso e viola della seconda e ultima ripresa del O Fortuna.
Ma per quanto l’incisione più impeccabile del mondo possa emozionare, niente riesce ad eguagliare un concerto dal vivo... a patto che sia magistrale.
Attenti signori miei, le esecuzioni registrate - almeno quelle dei grandi marchi come Deutsche Grammophon, Decca, Emi Records e simili - sono veri e propri pezzi di storia su vinile, cd o mp3. Scegliete sempre con cura ciò che andrete ad ascoltare, o rischierete di restare delusi.
Nei concerti a teatro, anche l’occhio è coinvolto e l’esperienza vissuta diventa davvero a trecentosessanta gradi. Se poi siete degli habitué, come la sottoscritta, e non vi prendete troppo sul serio, ma andate lì per divertirvi, imparerete a cercare sempre i particolari che più vi piacciono, che suscitano emozione, gioia... e anche una sana - silenziosa, suvvia, siamo in sala! - risata.
Ma lo sapete che un violista - suonatore di viola, per i neofiti della musica classica - dell’orchestra di Santa Cecilia è identico ad Antonin Dvorak??
Cosa aggiungere sui Carmina Burana?
Non troppo. Non sono una grande esperta di musica. Sono un’appassionata e una musicista dilettante. Inoltre non voglio annoiarvi con lunghe dissertazioni teoriche.
Certo, è particolare il contrasto tra la musica sofisticata, che Orff ha composto, e i testi goliardici del XII secolo scritti dai clerici vagantes, raccolti nel Codex Buranus.
A volte, come ho detto proprio poche righe fa, la musica può essere anche sinonimo di divertimento e risate - composte, per favore.
Non ci credete? Ebbene, ascoltate questa versione del brano Primo Vere-Ecce Gratum, condotta dal Maestro James Levine ed eseguita dalla Chicago Symphony Orchestra - per inciso, vi consiglio l’opera integrale, è eccezionale. Ora, andate al secondo 0:48 e ditemi voi se, invece delle parole iam liquescit et decrescit, non vi sembra di sentire... grandi fessi e depressi???
Buoni propositi e begli inviti, i miei, per tutti voi.
Ma io sono fortunata. Vivere a Roma, oltre a smog e traffico folle, significa avere queste meraviglie proprio sotto casa. E anche a prezzi molto accessibili. Ci credereste che stamattina ho speso meno di quanto avrei sborsato per un biglietto del cinema?
Di una cosa però sono certa. Sono originaria di un paese piccolo, sito in una terra meravigliosa, sul mare, al confine tra Marche e Abruzzo.
Un luogo stracolmo di tesori e meraviglie, naturali, paesaggistiche, architettoniche, archeologiche, artistiche. Una terra da sogno. Solo che nessuno lo sa, perché non v’è pubblicità che lo strombazzi ai quattro venti.
In conclusione vi dico: siate curiosi, siate vigili e attivi. Se sarete voi ad andare a caccia di occasioni, non potete immaginare quante ne troverete sul vostro cammino.
Quindi forza! Che aspettate?
E ai lettori romani, che ancora non l’abbiano fatto: un salto all’Auditorium Parco della Musica, progettato dall’illustre architetto Renzo Piano, val bene la pena, un giorno o l’altro. Coraggio!
Salute a voi! Buon ascolto e buona ricerca!
.
Un Post Scriptum dal mio fido assistente beagle, il cui nome risuona come Einstein.
Ho tentato di far ascoltare anche a lui i goliardici Carmina Burana, per introdurlo alle meraviglie sconfinate della musica classica.
Nel breve periodo in cui io, vispa bimba
curiosa, frequentai l’asilo, si consumò una piccola tragedia.
Un giorno, una maestra decise di conservare
sul ripiano più alto dello scaffale dei giochi - al sicuro da innocenti ma
maldestre mani infantili - una macchina da scrivere.
Per chi non lo sapesse, sono nata nell’epoca
in cui si cominciava appena a parlare di personal computer; tutt’al più in casa
si poteva avere un Commodore 64. Perciò le macchine da scrivere meccaniche la
facevano ancora da padrone nel panorama della dattilografia.
Posizionarne una sullo scaffale dei giochi,
sarebbe un po’ l’equivalente odierno del riporre il notebook in cima alla
libreria della cameretta dei bambini: irraggiungibile. Forse al tempo era
perfino una soluzione più intelligente: per quale motivo dei vivaci pargoli poco
più che in fasce avrebbero dovuto
interessarsi ad una macchina da scrivere?
Ma le povere, ignare maestre non avevano
ancora fatto i conti con la sottoscritta. A quattro anni sapevo già leggere e
scrivere alcune parole in stampatello e nell’avita dimora dei nonni materni,
sotto la supervisione di un adulto, mi era permesso di giocare con la Olivetti
portatile di mia madre. Immaginate la mia gioia nel trovare sul ludico scaffale
dell’asilo il mio giocattolo preferito! Perciò mi piazzavo lì sotto, con gli
occhioni da cagnolino desideroso, e chiedevo incessantemente che qualcuno mi
prendesse la macchina da scrivere... ma aggiungevo sempre “per favore”, perché
ero una bambina beneducata.
Da allora, la tecnologia ha fatto enormi
passi avanti. Siamo passati dalle macchine per scrivere ai primi personal
computer, che racchiudevano tutta la magia dell’informatica in una modesta
scatola di metallo, invece che in sterminate stanze piene di armadi
surriscaldati, che custodivano enormi e pesantissime bobine magnetiche.
Ricordo ancora la battuta di mio padre,
quando acquistammo il nostro primo 286 della IBM: “40 megabyte di disco
rigido... ma che ci si fa con tutto questo spazio?”
Oggi grazie alla Nokia e al suo telefonino
con fotocamera da 41 Megapixel... giusto una fotografia ci si fa! Ma quel
magnifico giorno di ventun anni fa sembrava di entrare sull’astronave Discovery
di 2001 Odissea nello spazio.
E l’uomo non si è fermato lì. Ha reso i
computer più veloci, più piccoli, più leggeri. Ha inventato internet, la
telefonia mobile, la rete mobile. Ha
reso tutto talmente mobile che ora posso scrivervi da un treno in movimento,
grazie al mio smartphone, con una tastiera bluetooth grande quanto il
giornaletto della guida tv che i miei genitori acquistano da anni, tutte le
settimane.
Se volessi, potrei continuare per pagine e
pagine a menzionare le meraviglie della tecnologia moderna. Ma la mia corsa è
quasi finita. La Stazione Termini si avvicina, Roma è là fuori e una lezione mi
attende.
Però oggi vi dico questo: di strada ne ho
fatta tanta... grazie a Trenitalia, alle compagnie autobus e agli aerei!! Ma in
fondo, sono ancora quella bambina curiosa e amante delle magie tecniche, che
aspetta che qualcuno le porti una macchina da scrivere.
La mia domanda per voi: vi va di giocare
insieme? Potrei spiegarvi come tirare fuori il meglio, secondo le vostre
esigenze, da un computer, da un mac, dall’ipod di vostro figlio - o il vostro
personale -, dallo smartphone o da un tablet. Consigliarvi il miglior acquisto
in base a ciò di cui avete davvero bisogno, per informatica, dispositivi
elettronici, e-book reader. Potrei dirvi come comprare un libro digitale e
renderlo compatibile per ogni dispositivo esistente - eh, eh, non ve la rendono
mica facile, sapete? -.
Oppure, se siete dei nostalgici o non
particolarmente amanti dell’elettronica, vi insegnerò a cambiare il nastro d’inchiostro
della macchina da scrivere, a dattiloscrivere contemporaneamente più copie di
un documento, grazie alla carta carbone. Vi spiegherò come riempire d’inchiostro
il serbatoio di una penna stilografica ed evitare che il pennino schizzi da
ogni parte.
A voi la scelta, io sono qui. E aspetto di
giocare!
Oui, c'est moi!
Ventuno anni fa, con il primo, indimenticabile personal computer, 286 IBM...
Anno
nuovo, vita nuova. Perlomeno, così si dice in giro. Ma chissà se poi è vero?
L’importante,
comunque sia, è prendere ben bene fiato e gridare a pieni polmoni
buon anno!!!
Sì,
lo so, sono in ritardo di due giorni; quasi tre, considerata l’ora. Chiedo
perdono a tutti gli avventori di questo blog ma tra festeggiamenti e convivi
luculliani, la vena parolifera si era
momentaneamente ingolfata.
Dunque
eccoci qui, a riprendere il filomulticolore di dieci
discorsi in contemporanea, fra un ipertesto e l’altro, una pinnata – che non è
un colpo di pinne da sub, né da piscina… le stesse che fanno capolino dal mio
borsone, che casualmente ho davanti agli occhi - , un aggiornamento di stato su
Facebook e una foto su Instagram. Quasi bizzarro ricominciare la vita di tutti
i giorni, facendo lo slalom fra buffe immagini, vivaci fotografie e roboanti
paroloni, che campeggiano in bella vista sullo schermo del pc; basta aprire un
social network ed eccoli lì, striscioni che augurano “Buon Anno!” in tutte le
salse e le lingue disponibili.
Ed
è proprio pensando alle feste e agli auguri, che mi è tornato in mente un
episodio che mio padre mi ha raccontato innumerevoli volte. L’immagine di mio
nonno, chino sulla scrivania, la fronte imperlata di sudore, l’espressione
corrucciata per la concentrazione e lo sforzo. Sul ripiano di legno, un
biglietto di buoni auspici e celebrazioni, ancora immacolato. Si narra che il
mio paterno avo fosse in grado di restare così, sullo scrittoio per ore…
per poi produrre un più che anonimo fraseggio: “Vivissimi auguri” .
Ma
come?, chiedo io ogni volta, Tutto qui?!?
Mio
nonno, leggendaria figura familiare, storico indomito – da qualcuno dovevo pure
averlo preso il vizio dell’archeologia – , sopraffino poeta ancor oggi
declamato e ammirato nel mio paese natìo… come poterlo immaginare a spremersi
le meningi per mezza giornata, per scrivere solo… vivissimi auguri?!? Ma come si fa?
Ebbene
sì, cari i miei lettori. Perché, sapete, la scrittura non è mai cosa da poco.
Chi
ha cliccato sul titolo di questo post, forse lo ha fatto per pura curiosità.
Forse per sfida intellettuale. Scrittura creativa?, si sarà chiesto. Cosa me ne
faccio di un corso di scrittura creativa?
Sono
ben felice di rispondervi: tutto! Assolutamente, incredibilmente tutto!
Voi
che leggete, se siete aspiranti scrittori, siete oltremodo benvenuti e sarò
lieta di aiutarvi a trovare la vostra voce, nonché a darvi consigli su come
muovervi nella Giungla Editoriale
Italiana, un habitat pericolosissimo, affollato di piante carnivore e liane
viventi, pronte a legarvi come insaccati. Perché l’arte è una cosa
meravigliosa, ma chi di arte vuole campare, deve farsi anche furbo, credete a
me.
Voialtri,
che scrittori non volete diventare… accomodatevi! Prego, sedete su questa
poltrona rossa qui, è la più comoda di tutte. Volete un tè? Un caffè?
Ascoltate.
La
scrittura è telepatia. La scrittura è magia. Conservare un pensiero per ore,
mesi, giorni, anni. Farlo viaggiare lungo il tempo e lo spazio, trasformarlo,
renderlo noto anche a chi non parla la nostra stessa lingua – un saluto ai
poliglotti colleghi traduttori!
La
scrittura è comunicazione. La scrittura è sognare insieme.
Ma
non crediate che della parola Scrittura
siano degni solo i volumi comprati in libreria o accuratamente custoditi in
biblioteca.
In
un mondo in cui è possibile unire una città notturna con una in pieno sole, un
inverno italiano con un’estate australiana, solo grazie a un clic, a un sms, a
uno scampanio di Whatsapp… Scrittura
è anche vita. Scrittura diventa
unione. Scrittura è abbattere le
barriere, annullare le distanze, cancellare l’incomprensione.
Dopo
decenni di immagini vive, la Scrittura
è tornata ad essere uno degli strumenti di comunicazione preferiti in assoluto.
E
quindi io vi chiedo: perché non affinarlo insieme?
Perché
non scoprire le mille e mille potenzialità di una delle più antiche arti
astratte che l’uomo abbia mai ideato? Che sia per scrivere un pensiero ad un
amico, il romanzo rivoluzionario che ancora tenete nel cassetto, un biglietto
d’auguri, una pièce teatrale che cambierà la storia, una dichiarazione d’amore,
uno stato di Facebook sentito e vissuto o perfino la lista della spesa.
E
se non credete nel valore di testi semplici come la lista della spesa o
l’elenco degli ingredienti di un prodotto alimentare, sarà lui a farvi cambiare
idea!
Cappello
introduttivo. Svolgimento. Opinioni. Conclusione. Eccoci
qui, al termine del mio personalissimo, telematico, informatico, tecnologico,
multisfaccettato biglietto d’auguri per il nuovo anno.
Se
vorrete farmi compagnia in un viaggio attraverso la Scrittura Creativa, sarò qui ad attendervi. Quandunque lo vogliate.
E ovunque.