mercoledì 25 dicembre 2013

Invito a... libri, film, musica... iniziamo dagli auguri di Natale!



Notizia del giorno: è il 25 dicembre 2013… ergo,

buon natale a tutti!!!

Ore 19 – momento in cui sto scrivendo –, il pranzo è finito, i regali sono stati scartati, i più tradizionalisti sono stati a Messa, per celebrare la nascita del Messia. Le pance sono piene – la mia sta per esplodere! –, i cuor contenti… o almeno così si auspica.
E adesso?
Adesso, vi porgo un invito!
Dove?
Non so che ne pensate, ma non si tratta di una cena; per quanto qui si sia cucinato per un reggimento, quindi potete approfittarne, se avete ancora un po’ di spazio. Io passo, grazie. Mi sento come un boa selvatico che abbia appena mangiato un elefante. E se non capite il riferimento, digitate su Google: Antoine de Saint Exupéry. Oppure aspettare il post relativo al disegno di un boa che mangia un elefante, ma che sembra un cappello! – presto qui il link –
Nossignori, nossignore, se avrete la compiacenza di seguirmi, vi porterò un giorno indietro nel calendario: la Vigilia di Natale.
Ma non una Vigilia qualunque; né un posto qualsiasi. Abbiamo una destinazione ben precisa: Londra, nel nevoso e un tantino buio 24 dicembre dell’anno 1843.
Ascoltate, ascoltate! Non sentite nell’aria quei cori a cappella, che intonano tipici canti natalizi? Dai, fermiamoci all’angolo ad ascoltarne qualcuno. E non siate spilorci, mi raccomando, allungate loro qualche scellino… o finirete per essere accomunati ad un figuro davvero poco simpatico!

Pentatonix: The little drummer boy
 
Bello, non è vero?
Proseguiamo. Non è questa la nostra destinazione. Attenti a non scivolare sul ghiaccio, non tutti siete monelli di dieci anni che si divertono alla buona – non dimenticate che siamo nel 1843, gli slittini di resina non sono stati ancora inventati: le scarpe… o le natiche, vanno benissimo per filare veloci in discesa.
Eccoci qua. Guardate quell’insegna, non vi sembra triste? Scrostata, mai rimessa a nuovo, con due nomi su, ma un solo proprietario. È un banco di cambio, sapete? Ma mi raccomando, se mai aveste a chiedere un prestito, non entrate là dentro! Ne uscireste spennati vivi, senza alcuna possibilità di ripagare il vostro debito.
Perché dietro quell’uscio lavora il più spietato degli aguzzini. Un uomo trasfigurato dall’avarizia, pieno di soldi fino alle orecchie e anche oltre, ma povero della cosa più importante: un cuore.
Sapete, perfino i cani guida per non vedenti conoscono la sua cattiveria e lo evitano per la strada, portandosi dietro a bandierina gli sventurati padroni.
Auguratevi che non esca troppo presto dal suo ufficio, o tutti i cori taceranno, tutti i bambini si dilegueranno; almeno finché lui non sarà giunto nella sua solitaria e tetra dimora, dove il Natale non si festeggia mai, nemmeno per sbaglio. Poiché egli detesta il Natale. Lo trova una seccatura insopportabile. Desolante, nevvero?
Ecco, eppure io vi dico che stanotte la sua vita potrebbe cambiare. Costui potrebbe vivere un’esperienza che andrà oltre ogni immaginazione; un’avventura terrena e, ebbene sì, ultraterrena.
A voi dunque il mio invito: avete voglia di seguire quest’uomo, alla ricerca di un cuore, in compagnia di tre spiriti, che lo guideranno in un incredibile viaggio nel passato, nel presente e nel futuro? Alla riscoperta di emozioni e volti perduti, nel giorno più bello e festoso dell’anno: Natale.
Un’avventura che trasformerà la sua esistenza – e magari la vostra – per sempre.
Suvvia, non siate scortesi, presentatevi. Egli è un vecchio scorbutico, brontolone e sufficientemente maleducato. Non siategli pari.
A voi, per essere conosciuto, Ebenezer Scrooge, protagonista del magnifico racconto – o romanzo breve, se preferite – di Charles Dickens, Canto di Natale (A Christmas Carol).



Nel mega-ultra-iper-fantastico mondo di internet, potete trovare la versione in lingua originale, sul sito GutenbergProject.org (CLICCA QUI). Una vasta biblioteca on-line, che conserva classici di tutto il mondo in formato elettronico (file per tutti i gusti: .pdf .epub .txt .rtf  ecc.).

Se invece non masticate l’inglese potete:
- Chiedere qualche lezione di lingua alla sottoscritta, individuale o di gruppo.
- Visitare QUESTO LINK, del progetto LiberLiber, biblioteca di classici internazionali, tradotti in lingua italiana.

buona lettura!

E dato che non c’è due senza tre, siamo sotto natale e un bel film adatto alle feste piace a molti, vi offro il trailer della bellissima trasposizione cinematografica della Disney. Ma non siate pigri. Leggete prima il libro. Ci proverete più gusto, garantito!
E di nuovo: Buon Natale a tutti!




 

mercoledì 18 dicembre 2013

Parole del Giorno. Si parte... con una buona colazione!

Questa non è una rubrica.
Perché questo non è un giornale.
È un blog.
Un blog, non essendo una pubblicazione periodica, come può dunque avere una rubrica?
Semplice: non può!
Allora come classifichiamo la voce “Parole del giorno”?
Ri-Semplice: argomento. Un argomento, di cui vorrei parlarvi, di tanto in tanto.
Da dove scaturisce cotanta materia?, chiederete voi.
Risposta: dalla colazione di ieri mattina!
Ovvero, era già da tempo che cercavo di formalizzare le mie “Parole del giorno”, ma ieri ho avuto una prima idea.
Precisazione: parole del giorno. Quale giorno? Nessuno in particolare.
Vi ricordo: non c’è periodicità, non c’è scadenza.
Quindi, il giorno, lo decido io.
O anche voi, se avete delle proposte.
Sono sempre qui, pronta ad accogliere e ascoltare!

Torniamo alla colazione. Il mio lui ha un’abitudine: usare un tovagliolo, come tovaglietta, posto sulla tovaglia.
… sembra uno scioglilingua, vero?
Sapete, sono sempre stata affascinata dalle lingue – e grazie, direte voi, per averne studiate quattordici!
Ma una delle peculiarità che amo di più, sono le similitudini fra piccoli gruppi di parole. Basta cambiare una desinenza ed ecco che una tovaglia, di cotone, di lino, ricamata (ahimè, quegli sbandieratori senesi a puntocroce… messaggio riferito a due lettori in particolare, abbiate pazienza…), del corredo, della comunione, della bisnonna… ed ecco, dicevo, che quella tovaglia si striminzisce e mi diventa una pratica e minuscola tovaglietta. Una tovaglietta di plastica, di bamboo, di carta, con sopra il menù del ristorante, con una pecora a fumetti, tutta riccioluta e morbidosa, sopra uno sfondo verde fluo che rappresenta un prato erboso. Buona per un’occasione veloce. Per un tè. Per la colazione. E, siccome il mio lui non ama macchiare la più grande e autorevole tovaglia, ma non ricorda mai dove teniamo le tovagliette, quest’ultime, in mano sua, perdono ancora dimensione, estensione e volume, nemmeno fossero capi di lana lavati a cinquanta gradi… diventano degli umili tovaglioli di carta. I nostri, quelli per la colazione. Ma ci sono anche tovaglioli di lino, di broccato, perfino di seta, della nonna, del conte, del marchese, del ristorante cinese.
Un’infinita varietà, fra tovaglie, tovagliette, tovaglioli… un’infinita varietà di tovagliato, ossia l’arsenale in tessuto, la cui funzione è ricoprire la superficie su cui si mangia.

La parola tovaglia, madre di tutti quei cuccioli tovaglioli, tovagliette e tovagliati, viene dal provenzale toalha.
Ma attenti a non confonderlo col castigliano toalla – la cui pronuncia è piuttosto simile - … se ne chiederete una a un ristorante di Madrid, vi porteranno un asciugamano!! Piuttosto non abbiate paura di chiedere un nuovo mantel. Non vi prenderanno mica per matti, pensando che abbiate voglia di imitare Superman nel loro bel ristorante a cinque stelle. Vi porteranno proprio una tovaglia pulita.
Labirintiche, queste lingue, non trovate?

Ordunque, posso accettare il consiglio che ad alcuni verrà spontaneo offrire: ma perché la mattina, spettinata e insonnolita, non ti limiti a pensare a caffellatte e biscotti?

Avreste ragione. Ma il mio cervello va così, galoppando fra un’associazione e l’altra. Mentre inzuppo i miei pasticcini senza glutine nel caffè in tazza… posta sul tovagliolo, che funge da tovaglietta, per non macchiare la tovaglia.



sabato 14 dicembre 2013

Egittologia: il mito, la civiltà, mummie e...

Se siete persone serie e non amate le facezie, vi invito in amicizia a saltare il paragrafo scritto in corsivo.
A costo di sembrare banale, io vi dico che amo il mondo proprio perché è vario! E non tutti apprezziamo ogni sfumatura di un argomento.


Lo studioso è chino sul tavolo, intento ad esaminare un papiro antico, alla luce di una singola lampada al led, nella grande sala deserta – ma sì, siamo nel duemilatredici, quasi quattordici… e usiamoli questi led, perdindirindina!
Nulla si muove, tutto tace.
Ma, all’improvviso, fra le polverose casse di legno del laboratorio, si scorge qualcosa. Un movimento, all’inizio appena percettibile.
Poi… orrore! Il coperchio di un voluminoso imballaggio si apre da solo, con un sinistro scricchiolio. Ahimè, lo studioso non sente, concentrato com’è sul suo papiro pieno di geroglifici. E poiché siamo sempre nel duemilatredici, anzi quasi quattordici, egli s’è messo le cuffie in testa e ascolta la sua playlist preferita a tutto volume… sull’iPod!!!
La cassa è aperta: dentro, un sarcofago. Il coperchio ruota e con un tonfo ricade sulla superficie lignea – allo studioso piace l’heavy metal: fra qualche anno diventerà completamente sordo!
Spostiamo di nuovo l’attenzione sul sarcofago: eccola lì! La mummia di Sotuttincriccatis Primo prende vita e si alza. Lentamente, ma inesorabilmente, con incedere claudicante, si avvicina allo studioso. E lui: niente, perso nella sua traduzione!
Un braccio si alza, la vetusta benda pende inerte, come un infausto presagio, da un polso sottile coperto di dura pelle brunita.
Una mano, antica di più di cinquemila anni, tesa in un gesto minaccioso, quasi fosse un artiglio, sfiora il collo dello studioso!
Egli finalmente si volta.
Tanto è lo stupore, che lì per lì quasi non si rende conto di ciò che accade. La figura avvolta in metri e metri di tessuto, che custodiscono amuleti, formule magiche, fantasmi di unguenti e fiori profumati, non sembra reale.
Ma bastano pochi istanti, perché lo studioso realizzi che sì, di fronte a lui, con regale malvagità, si erge Sotuttincriccatis!
E allora: il terrore! Il terrore, che si impadronisce di lui, mentre il suo sguardo si perde in quegli ipnotici occhi di pasta vitrea…
Maestosamente, la mummia solleva l’altro braccio, quasi a voler rubare la vita che essa non ha più, estirpandola dal corpo dello studioso. Cautamente, discosta le bende dalla bocca e, prodigio!, Sotuttincriccatis parla! “Scusa… che l’abbasseresti il volume?? Stavo tanto bene a dormire, nel mio sarcofago! Figlio mio, così ti rovini le orecchie. E cambia musica!!!”


Bene, spero di avervi fatto divertire. Se l’avete trovata una scialberia insulsa, accetto le vostre critiche costruttive – uova, pomodori e insalate solo in cestini da ortofrutta, grazie, non addosso!
Ma il mio scopo non era esclusivamente creare una parodia dei mille e più film dell’orrore, che hanno avuto per antagonista principale una mummia.
Il mio obiettivo era dimostrarvi come, tutti voi, sarete riusciti a figurarvi nella mente un orrendo faraone imbalsamato che si risveglia dopo millenni. Ma come mai?
Per quale ragione oggi, nel duemilatredici anzi quasi quattordici, ognuno di noi è capace di rievocare una figura così antica?
Difficile dare una risposta esatta. Ma una cosa la so: l’Antico Egitto è un universo così vasto, così affascinante, misterioso, luminoso e oscuro a un tempo, da aver lasciato un marchio immortale nel genere umano.
Per secoli è stato muto ma, a differenza di altre meravigliose civiltà di cui purtroppo oggi conserviamo pochissime testimonianze, l’Egitto ha saputo aspettare. Ha saputo preservare i suoi templi di pietra calcarea, le sue necropoli, i suoi papiri e le sue storie, affinché qualcuno desse loro nuova voce: Jean François Champollion e la sua Stele di Rosetta.
Adesso vi domando: avete voglia di tornare laggiù? Aprire imponenti porte di pietra; esplorare centinaia di gallerie sotterranee; navigare lungo il placido fiume Nilo; andare ad indagare l’origine del mito, alla riscoperta di una delle più grandiose civiltà che l’uomo abbia mai conosciuto.
E se a portarvi fin laggiù fosse una spiritosa, un po’ irriverente, ma molto appassionata guida quattordicenne? Be’, oggi la guida ha qualche anno in più, ma la prima volta che toccò con mano gli incredibili monumenti egizi, spiegando questo e quello agli attoniti turisti aveva sì quattordici anni!

Miei cari studenti, studiosi, turisti, Indiana Jones nostrani… vi imbarchereste in questa magnifica avventura insieme a me?




L'irriverente guida di quattordici anni (oggi qualche anno in più), per servirvi!

giovedì 12 dicembre 2013

Le Mille Strade dell'Inglese

Nei miei anni di insegnamento, ho scoperto un’interessante caratteristica che accomuna l’inglese alla matematica.
Davanti alla spiegazione di formule di geometria o regole di grammatica, la reazione degli studenti più giovani è la medesima: istantanea ribellione, una smorfia sofferente sul viso e la fatidica domanda “ Ma a che serve?? Perché lo devo studiare? Non mi piace!”
Ora, se siete qui per conto dei vostri bambini, per cercare un modo diverso e divertente per imparare l’inglese o qualunque altra lingua straniera, vi rimando a questa pagina: Impara le lingue col metodo magico di Hocus e Lotus!!
Se invece siete capitati qui da pensatori indipendenti, adulti, adolescenti o come giovanissimi studenti curiosi, ciò che posso fare per voi è condividere la mia esperienza.
Non solo quella di giramondo e docente privata di lingue – a volte mi sento come un antico trovatore medievale, che va di corte in corte a cantare le sue canzoni… in inglese però! -, ma anche la mia memoria di studentessa e di fruitrice di questo fantastico idioma.

Perché studiare l’inglese?
Bella domanda. La risposta più ovvia, che subito salta alla mente, è che ormai l’inglese è una lingua universale. È richiesta sul posto di lavoro, è utile per viaggiare, la stragrande maggioranza del web è sviluppata in inglese, perfino le istruzioni di lettori dvd, mp3, iPod, iPad, smartphone e pure il robot da cucina sono scritte innanzitutto in inglese!!
Inoltre, per nostra sventura, l’italiano è una lingua – con annessa cultura – super apprezzata all’estero, amata e rispettata ma, ahimè, decisamente poco integrata nelle società straniere. Quante volte vi è capitato di aprire i suddetti manuali, senza trovare la meravigliosa sigla it?
Perciò se oggi si vuole essere considerati cittadini del mondo, almeno l’inglese bisogna saperlo sillabare.

Inglese per sopravvivere o…?
Tuttavia, se volete la mia risposta personale, non imparerei l’inglese solo per lavorare, viaggiare e sopravvivere.
Lo imparerei perché, al contrario di quanto si pensi, è una delle lingue più articolate e ricche di sfumature che ci siano al mondo.
Certo, l’abc della grammatica è di facile comprensione. Ma basta avanzare di qualche pagina, per trovare mille modi per esprimere un’azione passata, un futuro incerto, quasi sicuro o fortemente desiderato.
Grazie ad un verbo inglese si può capire l’importanza di uno sguardo, se è fisso (to stare), se è di sfuggita (to glance), se è arrabbiato (to glare), se osserva (to look at), se semplicemente guarda (to see); e potrete trovare mille altri occhi puntati su di voi.
L’inglese moderno è l’espressione di un mondo vasto e infinitamente vario.
Non troverete mai due volte lo stesso inglese, sia che parliate con un britannico del sud o con uno dalle origini gaeliche – come gli scozzesi e gli irlandesi, con i loro suoni chiusi e gutturali e la gran capacità di comunicare e ironizzare sull’esistenza umana. O che vi fermiate a discorrere con un abitante del Nuovo Mondo, dall’inglese più arcaico di quanto si pensi, oppure con una persona proveniente dalla lontana Australia.
E perché non prendere un tè in India e poi fermarsi ad ammirare Joannesburg, in Sudafrica, dove l’inglese convive da secoli con un antico dialetto olandese, l’afrikaans?
Riuscite a immaginare la miriade di storie, che ci sono dietro ogni accento, ogni cambiamento? Non è forse anche questo viaggiare?
Non ho menzionato i capolavori della letteratura anglofona, che da secoli contribuiscono in ogni dove a fare del mondo un posto più ricco. Ma non lo farò. Se siete curiosi, venite con me e insieme esploreremo queste infinite strade.


The 
London Eye

Il grande
occhio
di Londra

sabato 7 dicembre 2013

Impara le lingue col metodo magico di Hocus e Lotus!

C’era una volta un uovo... l’uovo di un dinocroc!
Once upon a time there was an egg... the egg of a dinocroc!
Il était une fois un œuf... l’œuf d’un dinocroc!
Había una vez un huevo… el huevo de un dinocroc!
Es war einmal ein Ei… das Ei von Dinocroc!

Immaginate per un attimo che bello sarebbe se tutti potessero parlare la lingua che desiderano, come per magia.
Non dovendo per forza ricorrere all’uso di enormi volumi di grammatica e infinite liste di vocaboli, senza contesto e di conseguenza ben poco interessanti.
Quando frequentavo la quarta elementare, la maestra di inglese ci insegnava decine di parole, alle quali faceva associare un disegnino di nostra concezione e creazione. Dato che, devo ammetterlo, non ero una grande amante delle arti grafiche, mi limitavo a comporre figure striminzite e imprecise, che non avevano molto a che fare con la parola in questione: pen, pencil, notebook, rubber, ruler...
Per giunta, i miei sfortunati disegni erano tutti attaccati e incolonnati, come una fila di formiche al lavoro. Mia madre chiamava quelle pagine le “Catene di Sant’Antonio inglesi di Ludovica”.
Immaginiamo per un attimo che nel mondo esista un luogo in cui è possibile imparare l’inglese, il francese, e altre meravigliose lingue, in una maniera differente. Un parco grande e luminoso, in cui i bambini possano accedere grazie ad una maglietta magica - ve le ricordate le scarpette rosse che Dorothy indossò per tornare a casa dal regno di Oz? Qualcosa del genere!
E nel parco incontrino due simpatici amici, che parlano solamente la lingua da imparare: due dinocroc, Hocus e Lotus.
Cosa sono due dinocroc? Eccoli qua!





In compagnia di questi simpatici personaggi, attraverso metodi innovativi e differenti dall’insegnamento tradizionale, i vostri bambini potranno imparare una lingua straniera fin dalla più tenera età - già dai 3-5 mesi.
La sperimenteranno e vivranno in prima persona attraverso il gioco, la musica, le animazioni, le storie coinvolgenti che hanno per protagonisti Hocus e Lotus.
Impareranno a familiarizzare fin da subito con una lingua viva, uno strumento di comunicazione che li metterà in contatto, nel presente, con un magico mondo di fantasia e divertimento. E nel futuro, saranno in grado di esprimersi con la vera e propria padronanza di un madrelingua, in maniera spontanea e naturale.

Per saperne di più, potete visitare il sito ufficiale di Hocus e Lotus, metodo studiato e messo a punto all’Università degli Studi di Roma La Sapienza dalla dott.ssa Traute Taeschner:



E se volete saperne ancora di più, vedere e toccare con mano il metodo e il corso, sul territorio di Roma Sud e Castelli Romani... ebbene chiedete a me!






venerdì 6 dicembre 2013

Cos'è Ludendo Docere?

Ludendo Docere è un’antica espressione latina. Significa insegnare giocando.
Ma cos’è Ludendo Docere oggi? Cosa significa per chi sta scrivendo in questo istante e per chi, dall’altra parte dello schermo, sta leggendo proprio adesso?
Ludendo Docere è un blog. Questo blog.
Ludendo Docere è un’idea. L’idea di poter diffondere la cultura attraverso canali non convenzionali e standardizzati. La possibilità di fruire del sapere a tutti i livelli, sempre e dovunque. A casa, in ufficio, al parco, in una biblioteca, in una caffetteria.
Ludendo Docere è condivisione. Avere la chance di confrontarsi con un docente, di lavorare insieme, di scegliere fianco a fianco il percorso migliore da seguire. Uno spazio in cui l’insegnante sia una vera guida e non un lontano e astruso figuro, isolato da tutto ciò che lo circonda. Un ascoltatore a sua volta, davanti alla propria platea.
Ludendo Docere è sapere. Conoscere, scoprire, cercare, studiare. Insegnare giocando.
In ultimo, Ludendo Docere è... Ludovica.
Salve a voi, avventori!
Mi presento: fondatrice di questo blog, insegnante giramondo, donna curiosa e instancabilmente alla ricerca di nuova conoscenza e persone con cui condividerla.
Archeologa tuttofare, informatica per passione, linguista e traduttrice per vocazione - fin dalla più tenera età mi sono dedicata allo studio di lingue antiche e moderne, arrivando a conoscerne quattordici. Impossibile, voi dite? Provare per credere!
Eccomi dunque qui, al vostro servizio.
Cosa posso fare per voi?
Posso condividere il mio sapere, la mia pluriennale esperienza di insegnante. A casa vostra, sul posto di lavoro o ovunque voi abbiate bisogno di me.
Lezioni di lingua: inglese, francese, spagnolo, tedesco, italiano per stranieri... che ci sia qualcuno che abbia voglia di imparare il sumerico? Benvenuto a te!
Corsi di informatica, scrittura creativa, archeologia, per grandi e piccini.
O se magari aveste bisogno di aiuto per risolvere problemi scolastici.
Possiamo organizzare incontri di gruppo o individuali.
Non avete che da chiedere! E sarò ben felice di trascorrere il mio tempo insieme a voi! Perché lo studio può essere gioia e divertimento, ossia... Ludendo Docere!